«Non ho problemi a condividere dati con un chatbot IA»
Sembra che tutto il mondo parli di ChatGPT e di intelligenza artificiale. Anche il nostro comitato consultivo dei clienti ha affrontato il tema. Jacqueline Salmon era presente.
I chatbot esistono già da un po’. Sono presenti su molti siti web, compresi quelli di Sympany. Forniscono risposte a domande semplici, aiutano a reperire informazioni e, se non riescono a risolvere una questione, offrono la possibilità di essere richiamati da una persona reale. Chi li ha provati sa che questo accade abbastanza spesso.
Il livello successivo: chatbot IA
I chatbot dotati di intelligenza artificiale (IA) sono relativamente recenti. ChatGPT, Gemini e simili sono il livello successivo in materia di chatbot. L’entusiasmo al riguardo è enorme e il potenziale immenso, ma non mancano anche voci critiche sul fronte della protezione dei dati e della confidenzialità.
L’intelligenza artificiale è un tema importante anche per Sympany. I nostri specialisti stanno esplorando nuove possibilità in «condizioni di laboratorio». Sperimentano e riflettono su come l’intelligenza artificiale possa aiutare a digitalizzare i processi e renderli ancora più efficienti. Un potenziale scenario è l’utilizzo di un chatbot basato sull’IA sul nostro sito web, un receptionist digitale in grado di elaborare e risolvere in modo autonomo le richieste dei clienti.
La parola al comitato consultivo dei clienti
Tecnicamente funzionerebbero piuttosto bene. Ma quanto sono accettati i chatbot IA, quali esperienze e aspettative ha la nostra clientela al riguardo?
Abbiamo discusso queste e altre questioni con i membri del comitato consultivo dei clienti. È stato anche testato un chatbot gratuito di nuova generazione.
Da questa discussione di gruppo è emerso un quadro qualitativo basato su opinioni, valutazioni, desideri ed esperienze. Esso ci fornisce indicazioni per i nostri piani riguardanti l’introduzione dell’IA presso Sympany, in equilibrio tra ciò che è tecnicamente possibile e ciò che è accettato dagli utenti. Il tutto nella consapevolezza che noi, in qualità di assicurazione malattia, abbiamo la responsabilità di utilizzare l’IA in modo sicuro, vantaggioso e responsabile.
Jacqueline Salmon è membro del comitato consultivo dei clienti e ha preso parte alla discussione di gruppo. Si considera «moderatamente» interessata ai temi del digitale. Le abbiamo posto quattro domande su chatbot e IA.
Quando è stata l’ultima volta che ha usato un chatbot? A che scopo?
Jacqueline Salmon: Dopo tanto tempo, di recente ho visitato di nuovo il sito web di un fornitore Internet e ho utilizzato il loro chatbot. Sono rimasta sorpresa dal cambiamento che è avvenuto negli ultimi anni. La prima domanda posta dal bot è stata se avessi bisogno del supporto personale di un consulente alla clientela: proprio niente male. In passato, bisognava «lottare» per riuscire a ricevere un’assistenza umana dedicata.
Nell’ambito della discussione di gruppo, il comitato consultivo dei clienti ha testato anche il chatbot IA di una compagnia assicurativa. Com’è andata?
Il chatbot IA ha fornito risposte adeguate a domande brevi e precise. Su altri fronti, i risultati non sono stati altrettanto positivi. Ciò significa che, quando abbiamo a che fare con i bot, dobbiamo imparare a formulare le nostre richieste in modo molto specifico e preciso. Se poi è il bot a guidare la conversazione, suggerendo ad esempio domande o risposte, lo trovo un aiuto molto valido.
Sarebbe disposta a condividere dati sensibili, ad esempio domande relative al suo stato di salute, con il chatbot IA della sua cassa malati?
Da quando i dati sono sensibili? Ognuno ha probabilmente una percezione diversa al riguardo. Ormai siamo presenti in rete con così tanti dati personali che non ricordiamo nemmeno più cosa abbiamo reso pubblico. Personalmente, non ho problemi a condividere i dati con il chatbot IA della mia cassa malati. E il bot deve per forza disporre di determinati dati per potermi rispondere e assistere in modo intelligente.
A suo parere, a che punto sarà la società in termini di IA tra dieci anni?
Sulla scorta di come le cose sono cambiate e migliorate negli ultimi due anni, tra dieci anni probabilmente sarà difficile distinguere se stiamo comunicando con un’IA o con una persona reale. Questo offre sicuramente molti vantaggi. Tuttavia, non si deve perdere il confronto personale, ossia lo scambio interpersonale.
Signora Salmon, la ringraziamo per averci concesso quest’intervista.